venerdì 28 settembre 2007

Le proprietà della rosa canina


Ingredienti: fiori, foglie e bacche di rosa canina.
Preparazione: infuso di fiori e foglie, 10 minuti. Decotto di bacche: 2 minuti.
Indicazioni: affaticamento generale, calcoli alla vescica, carenza di vitamina C, emorragie, dissenterie, perdite bianche, ricostituente, scottature e piaghe.

Spiegazione
La rosa canina è una rampicante vigorosa, che vive nelle siepi delle colline e della bassa montagna di tutt'Italia. Dal punto di vista del fitoterapeuta, questa pianta ha numerose qualità: le foglie hanno proprietà toniche e cicatrizzanti; i fiori sono lassativi e le bacche, i cosiddetti "cinorrodi", sono ricchissimi di vitamina C, nonchè astringenti, emostatici, diuretici, depurativi, tonici, antianemici e vermifughi.
Mettete in infusione un cucchiaio di fiori o foglie tagliate per ogni tazza. Bevetene regolarmente tre-quattro tazze al giorno. Questo stesso preparato può essere utilizzato esternamente per lavaggi di piaghe, ulcere e scottature.
Le bacche vanno invece bollite per due minuti in numero di cinque-dieci per tazza, fltrando poi il decotto con una garza. Bevetene tre-quattro tazze al giorno, soprattutto alla mattina a colazione.

martedì 25 settembre 2007

Ambiente Alpino

Zona caratterizzata dalla presenza di pascoli d'alta quota, al di sopra del limite della foresta. Il clima è caratterizzato generalmente da basse temperature, da una breve stagione calda, da forti escursioni termiche giornaliere e da scarsità di acqua.
Le piante tipiche di quest'ambiente sono: la stella alpina, la genziana e il genepì; non vi sono alti alberi, ma prevalgono arbusti nani e pascoli di graminacee e piante con radici molto lunghe. La fauna è caratterizzata dalla presenza di mammiferi come marmotte, stambecchi e lepri alpine; uccelli come il fringuello alpino e i gracchi.
La vita, in alta montagna, è molto gradita agli insetti, soprattutto ai coleotteri e ai lepidotteri come l'erebia alpina, una farfalla molto comune in alta montagna o la farfalla Apollo delle Alpi.

(tratta da Enciclopedia dei ragazzi, Rizzoli Junior, allegata al Corriere della sera).

domenica 23 settembre 2007

L'umarell e il bancomat

Capitò molti anni fa, poco dopo l'uscita dei primi bancomat. Mi trovavo in montagna, in un paese che frequentavo spesso, e, in un tiepido pomeriggio d'ottobre, incontrai un mio conoscente, un umarell assai simpatico. Cominciammo a parlare di vari argomenti quando, colmo d'entusiasmo, costui si mise a decantare le virtù del bancomat: "Con questo cartellino posso prendere su tutti i soldi che voglio! Tu ce l'hai?". Alla mia risposta negativa, l'umarell-tecnologico si meravigliò e parlò così: "Aspettami, che adesso vado a prendere dei soldi".
La banca era proprio lì vicina e l'umarell non perse tempo ad usare il suo prezioso cartellino, come lui lo chiamava, proprio per dimostrarmi la straordinaria efficienza di quel mezzo. Lo vidi trafficare con il suo prezioso gingillo, ma ben presto mi accorsi che era in affanno e che ogni tanto si girava a guardarmi. Compresi che il suo entusiasmo stava per cedere a qualche altro tipo di sentimento. Improvvisamente mi chiamò:" Vieni qui. Prova tu a prendermi fuori i soldi perché quest'aggeggio non funziona".
Fui così costretto ad avvicinarmi. Gli dissi che avrebbe dovuto darmi il codice del bancomat, ma che questo era giustamente segreto e quindi era meglio che non lo mostrasse a nessuno. Ma l'umarell insistette: "No, no, di te mi fido". Dopo molte preghiere, e per non sembrare maleducato, feci ciò che mi aveva chiesto e usai il suo bancomat, senza ottenere però alcun risultato. Così, a mani completamente vuote, lo presi per un braccio, mi allontanai insieme a lui, per non farmi sentire dalle persone che erano lì intorno, e con aria grave gli chiesi: "Ma tu hai dei soldi nel tuo conto corrente?".
L'umarell, smarrito, e forse comprendendo finalmente che il bancomat dispensa denaro solo a chi già lo possiede sul suo conto, rispose: "No". E io, dolcemente, per non infierire: "Vieni, andiamo via".

Finalmente l'autunno

Finalmente è arrivata la più dolce, malinconica, struggente stagione dell'anno.

sabato 15 settembre 2007

Il regalo degli gnomi

Io sono amico degli gnomi e tutti gli anni, in autunno, vado a trovarli.
M'inoltro nel folto di un bosco, in Garfagnana, estasiato dalla struggente bellezza dei colori autunnali, e mi sembra di non appartenere più al mondo dal quale sono arrivato. Mentre cammino so di essere spiato: infatti, da un vecchio tronco d'albero, vedo uscire improvvisamente il mio amico gnomo.
Mi saluta e, sapendo di farmi cosa gradita, mi accompagna ad una bella fonte. L'acqua esce da un tubo particolare, tutto di sambuco svuotato, e muschio, limoncelle e menta selvatica l'avvolgono completamente. Lo gnomo mi porge un bicchiere fatto di foglie intrecciate e, quando bevo, m'accorgo che l'acqua profuma di tutti gli aromi che circondano la fonte.
Dopo aver bevuto mi accompagna verso un grande spiazzo, nel quale tutti gli gnomi si sono riuniti per accogliermi. Seduto su un tronchetto di legno, mangio con loro. Il mio amico, poi, mi regala un piccolo fiasco, contenente un infuso d'erbe, confezionato con cortecce d'albero, legate da sottili steli.
Terminato il pranzo, saluto e me ne vado. Giunto a casa, verso metà del distillato d'erbe degli gnomi in una bottiglia apposita, e nascondo il piccolo fiasco che mi è stato donato.
Il sabato successivo un amico viene a farmi visita, e gli offro proprio quel distillato d'erbe. Dopo averlo assaggiato mi chiede dove l'ho acquistato, affermando di volerlo comprare a sua volta. Per un attimo resto confuso, poi mi riprendo e dico: "Me l'ha regalato una coppia di turisti francesi che, un anno fa, avevo accompagnato nei boschi della Garfagnana".

domenica 9 settembre 2007

Delusione...a tavola

Erano due amici inseparabili. Saturno, il campanaro del paese, era quasi del tutto sordo. Disponeva con orgoglio di un orologio da tasca regalatogli dal parroco, allo scopo di fargli rispettare gli orari delle funzioni.Il suo amico Giovanni, invece, aveva problemi di vista.
I due vivevano insieme in una piccola casa costituita da due stanze, una delle quali aveva un caminetto, e come unica compagnia avevano un bel gatto, affamato esattamente quanto loro.
Il fatto accadde in una tiepida giornata d'ottobre. I due amici erano particolarmente soddisfatti perché avevano preparato la polenta e in più, rara occorrenza, disponevano di due aringhe, dono del parroco. Giovanni posò una delle due aringhe sul tavolo sgangherato, e poi si girò per prendere l'altra. Proprio in quel brevissimo momento di distrazione, l'astuto gatto, con balzo felino, piombò sul tavolo e rubò l'aringa, fuggendo con il bottino in bocca e provocando la disperazione di Saturno. Costui disse allora al compagno:"Mettiti fuori della porta con un bastone, che io guardo dov'è andato il gatto".
Giovanni si appostò e, non appena vide un'ombra, sferrò un gran colpo con il bastone. Purtroppo per lui, però, quell'ombra non apparteneva al gatto, ma al suo amico Saturno, che urlò a squarciagola per il dolore.
Ironia della sorte, una volta rientrati si accorsero che il gatto, quatto quatto, mentre loro erano fuori di casa nel tentativo di acchiapparlo, aveva nel frattempo rubato anche la seconda aringa. E fu proprio da quel momento che il buon Saturno venne soprannominato "aringa".

mercoledì 5 settembre 2007

Il Carnevale

A quei tempi i paesani si riunivano all'osteria per organizzare in grande la festa di Carnevale, in modo che anche il capoluogo e le varie frazioni limitrofe ricordassero l'evento.
Siccome il denaro contante scarseggiava, ogni famiglia portava qualcosa per contribuire al lauto pasto del cenone del giovedì grasso: galline, polli, carne di maiale, torte, panettoni e dolci fatti con farina di castagne. Si preparavano anche tortellini, lessi e arrosti vari, e l'oste forniva il vino facendolo arrivare appositamente dalla pianura.
La festa iniziava di pomeriggio. Nella piazzetta del paese veniva allestito un palco fatto con tavole di pioppo e ricoperto da teloni colorati. Qui in genere si raccontavano storie, quelle che chiamavamo in dialetto zirudelle, cioè versi in rima riguardanti fatti accaduti ai paesani durante l'ultimo anno. Ogni zirudella era poi accompagnata da un motivo musicale, suonato con fisarmonica, chitarra e clarino.
Di sera ci si riuniva in un garage trasformato in sala da pranzo, e si mangiava a sazietà, felici e convinti di essere gli unici, in tutto il Frignano, a organizzare una simile festa.
La sera successiva a questo lauto banchetto, ci s'incontrava sempre nel medesimo garage liberato da tavoli e sedie, e trasformato in sala da ballo. Qui i suonatori trovavano posto su un baldacchino approntato per l'occasione, e avevano dolci e vini a portata di mano che consumavano tra una canzone e l'altra.
Una volta successe che, al culmine delle danze, il palco improvvisamente crollò, e uno dei suonatori malauguratamente si slogò una gamba, causando l'interruzione forzata dell'allegra festa. Questa notizia si diffuse nei paesi vicini, e così qualcuno si divertì a preparare un'ironica zirudella, il cui testo era questo: quando arriva il Carnevale, ballando vi fate male; e se fra un anno volete ancora festeggiare, venite da noi ad imparare.