domenica 25 luglio 2021

I poeti

 

Gottfried Benn diceva: "Quando Delacroix esponeva le sue teorie, si faceva inquieto perché non sarebbe mai riuscito a spiegare i notturni di Chopin". Leo Ferré cantava: "Avec le temps  tout s'en va". Entrambi non sapevano che i poeti, mentre muoiono, sognano, e gli angeli li accompagnano nel Valhalla, attesi dai geni della musica. 

domenica 18 luglio 2021

Il vento taceva

 

Eri figlia del deserto. I tuoi occhi avevano le ombre delle immense notti, e i colori dei sogni dell'alba. Quando il tramonto spegneva la luce sui palmeti, ascoltavi il misterioso silenzio del cielo, e con ansia attendevi le parole del vento; ma il vento taceva. In un giorno d'autunno colorato da pallida nebbia e da orizzonti sfumati, camminavo solo e un poco stanco tra faggete ormai spoglie, che assomigliavano ad antichi templi abbandonati dagli dèi. E, mentre ti pensavo, da una sorgente ornata da orchidee selvagge scorrevano note del divino Schubert, e il vento taceva.

venerdì 16 luglio 2021

La stagione delle cartoline

 


Questo post è tratto dal blog Oltre il cancello ed è scritto da Romina (G.M.)


Ai miei tempi, quand’ero adolescente, l’estate non era soltanto la stagione della spensieratezza, ma anche il momento magico in cui scrivere e ricevere quegli oggetti ormai obsoleti chiamati cartoline. I cellulari e gli smartcosi non esistevano, l’ormai mitico Uozzappa non era neppure nei nostri sogni e telefonare col fisso o nelle apposite cabine costava parecchio; così, per tutti questi motivi, le comunicazioni erano lente, e tessere le fragili trame delle relazioni interpersonali, cercando di mantenerle in ogni circostanza, prevedeva la scrittura di lettere e di cartoline.

Durante l’estate, le cartoline erano un modo veloce e pratico per conservare un flebile legame con amici e parenti mentre ci si trovava in vacanza. Non sempre si scrivevano per vero affetto: a volte mandare cartoline era quasi un dovere, altre volte era un modo per far sapere che sì, si era in vacanza, e guarda un po’ in che bel posto mi trovotiè! Però, a differenza di quanto accade ora con Uozzappa et similia, l’invio delle cartoline richiedeva un piccolo impegno, un certo sforzo, e allora si tendeva a selezionare le persone cui mandarle: difficilmente si perdeva tempo a scriverle a qualcuno di cui nulla c’importava o che, peggio, ci era antipatico. Bisognava, infatti, entrare in un negozio, scegliere le cartoline, scrivere un pensiero e l’indirizzo esatto, e poi comprare i francobolli per farle giungere a destinazione, dopo averle infilate nella meravigliosa cassetta postale rossa fiammante.

Non bisogna sottovalutare la rilevanza di queste cassette, perché, oltre all’ovvia funzione pratica, svolgevano anche un importante ruolo sul piano psicologico: le cassette postali, infatti, erano la certezza visibile e tangibile della presenza dello Stato in luoghi sperduti e impervi. Incontrarle in un remoto paesino di montagna o in una piccola località di mare confinata a casa di Dio, infondeva un senso di sicurezza, perché erano il segno inconfondibile della nostra appartenenza a un’ampia comunità. Quelle cassette lucide e rosse ci dicevano che non eravamo soli, nonostante ci trovassimo al Lido delle Zanzare o a Bosco Tre Case.

Inviare un cartolina comportava, come si è visto, un certo impegno e un piccolo investimento economico, poche cose, è vero, ma impegnative se paragonate al convulso invio d’immagini via Uozzappa, dove c’è un tasto che consente di mandare rapidamente la stessa foto a tutti i propri contatti, fra cui il conoscente del quale a stento si ricorda il nome e il presunto amico conosciuto su Facebook, di cui s’ignora tutto ma non importa, perché ciò che conta è avere un buon numero di contatti e inviare. Ormai siamo in preda alla mistica dell’invio.

Le cartoline erano, ai miei tempi, un complemento indispensabile dell’estate e si trovavano ovunque, anche in paesini sconosciuti. La mia casa in appennino, ad esempio, era in una piccola frazione a tre chilometri dal Comune principale della zona. Eppure, oltre a un bel campo sportivo grande (ci si giocava anche il torneo di calcio dell’appennino), a un parco con le altalene e a una bella chiesa con annesso campanile, nella mia frazione c’erano anche due negozi di alimentari e altri prodotti, fra cui le cartoline, che immortalavano quel luogo regalandogli la dignità di paese da ricordare. Così, fra due etti di prosciutto e un chilo di pane, si poteva decidere quale cartolina mandare fra quelle presenti, perché c’era persino una discreta possibilità di scelta. Quasi superfluo aggiungere che, nella mia frazioncina, non mancava una bella cassetta postale.

All’epoca molte persone conservavano le cartoline che ricevevano per rileggerle, guardarle e parlare di chi le aveva inviate. Erano segni concreti delle nostre relazioni sociali e preziosi ricordi, perché lasciavano una traccia di chi era lontano e di chi aveva abbandonato per sempre questa valle di lacrime. Il fatto che fossero scritte a mano conferiva alle cartoline un fascino che nessun messaggio elettronico potrà mai avere. La calligrafia, infatti, è un’espressione della propria individualità, perché nessuna calligrafia può essere identica a un’altra; perciò rileggere poche parole vergate a mano su una vecchia cartolina rievoca con forza particolare l’immagine di chi l’ha scritta.

Chi non ha vissuto quei tempi non può comprendere cosa significhi una piccola cartolina e quale valore affettivo possa avere. Certo, si possono rileggere anche le email, si possono guardare più volte le immagini ricevute sullo smartphone e le foto su Instagram; però, toccare con le mani una cartolina e osservare la calligrafia di chi magari non c’è più, è un’esperienza che coinvolge ricordi e affetti con una profondità sconosciuta ai nuovi mezzi di comunicazione. Che poi questi siano utilissimi e piacevoli è cosa che non metto in dubbio, altrimenti non scriverei qui; ma chi ha conosciuto il tempo delle cartoline sa che esse restano, per alcuni versi, insostituibili.

domenica 11 luglio 2021

Apparteneva al cielo

 

Apparteneva al cielo e gli angeli l'aspettavano. Se ne andò quando l'inverno stava finendo. Io ero accanto a lei, e nell'aria profumo di primavera. Da quel giorno, era la prima volta che entravo e mi sedevo nella cattedrale. Fuori la nebbia aveva steso un velo sottile su ogni cosa, e le guglie cercavano il cielo. Intorno a me, le mura e gli altari mi raccontavano il Medioevo, e si respirava l'alito di Dio. Solo le lacrime delle figure avevano il colore di ieri, di oggi e di sempre: è il colore che ci accompagna nel tempo. Mentre ascoltavo la Messa solenne di Beethoven, un angelo mi accarezzò una mano, e i ricordi si colorarono d'azzurro.
Ora sogno immensi tramonti celesti. 

domenica 4 luglio 2021

Il nonno e le rondini

Il sole accarezza le stoppie. Il Belbo scorre lento: ascolta e ricorda. Al tramonto le vigne delle Langhe si addormentano e sognano. Di notte, tra le vigne, un'ombra luminosa cammina tenendo per mano un bambino. L'ombra luminosa è mio nonno, e quel bambino sono io, ormai vecchio. Nella cascina, da tempo silenziosa, a primavera tornano, volano e nidificano le rondini.