Ogni tanto ricordo quel bambino dai grandi occhi neri, sempre solo e con lo sguardo sognante. Un giorno, avvicinandomi, gli domandai con garbo se gradisse un giocattolo, ma rispose di no. Poi prese forte la mia mano e, in silenzio, mi condusse nel suo regno: la selva.
Gli ospiti di quei luoghi magici gli vennero incontro, cuccioli di lupo scondinzolanti lo accompagnarono alla tana, con grande gioia di mamma lupa. Compresi che era in ottima compagnia. Così me ne andai provando vergogna.
Molti anni dopo, parlando di quell'episodio con un amico, mi raccontò che quel bambino, divenuto uomo, marciava e combatteva senza sapere perché in deserti sconfinati. Di notte, quando il vento e la sabbia scuotevano la tenda sognava le edere aggrappate alle antiche querce e gli amici della boscaglia; poi un'ombra di donna, forse di una madre che l'ha sempre cercato senza mai trovarlo. E il volto di una fanciulla, vista una sola volta a una messa, con gli occhi tristi di chi non spera più.
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