Da bambino, ho vissuto dove i sentieri portavano nei boschi di castagni e di antiche querce. Amavo il sole d'autunno, le nebbie, e le cupe notti misteriose e tormentate dai venti. Ascoltavo le sinfonie delle sorgenti e i loro racconti, mentre le acque scorrevano tra le erbe profumate, e si sentiva il tonfo delle castagne e delle ghiande sul terreno umido e dal colore spento.
Di sera, seduto davanti al camino, l'amico gatto, accovacciato sulle mie gambe, a ogni scoppiettìo della legna apriva gli occhi e mi fissava e, rassicurato, li chiudeva. Un vecchio saggio raccontava fole e leggende, e ogni s'interrompeva per prendere un tizzone e ravvivare la pipa. Poi una preghiera, e il segno della croce. Sul tavolo, che profumava di abete, veniva acceso il lume a petrolio. Serviva per far luce e salire sulla scala a pioli che conduceva alle camere.
Questo è un mondo che non c'è più, e fa sorridere chi legge queste righe. Ma era un mondo migliore, e i sogni non erano ancora stati distrutti.
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