Da sempre sognavo e speravo di tornare in quel borgo dove mi portarono da bambino. La macchia aveva cancellato le tracce dei sentieri. Considerando i miei autunni, non sarebbe stato facile arrivare fin lassù. Ma il desiderio di rivedere quel borgo era troppo intenso. Mentre salivo, dalle tane occhi dallo sguardo amico e incoraggiante. Forse mi aspettavano. Tra le mura delle case cadenti del borgo, edere aggrappate e qua là sterpaglie disordinate. Solo la vecchia quercia e la fontana erano rimaste come allora.
Chiesi: "Mi riconoscete?". La quercia rispose: "Tu sei quel bambino che sedeva sotto la mia ombra con un gatto bianco e nero, che chiamavi Ghefo". E la fontana: "Tu sei quel bambino che si specchiava nelle mie acque in braccio a una signora". E io dissi: "Vorrei sapere altre cose". Risposero all'unisono: "Non vogliamo e non possiamo dirti altro. Qui sono rimaste le ombre. Il vento le cerca, e parlano soltanto con lui. Noi guardiamo il cielo".
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